Un ricordo di Alessandro Mendini, anti-designer.
Ph. © Danilo Scarpati
Alessandro Mendini (1931-2019) ha scritto: “Progettare è dipingere (…) La nostra ricerca nel campo dell’architettura è di tipo figurativo e appartiene al mondo dell’architettura decorativa. Ovvero, il segno pittorico precede il segno spaziale. In tal senso, la nostra architettura non si iscrive nel flusso più istituzionale della storia di questa disciplina, ma si pone nel campo dei fenomeni espressionisti. Le nostre fonti formali prevalenti sono riferite alle sistematiche delle avanguardie storiche (…), ma delle avanguardie storiche viene tratto solo l’aspetto magico, coloristico (quindi il campo pittorico).”
Mendini è stato l’unico ad affermare, durante tutta la sua carriera, che la sua progettazione non era affatto design, ma un’espressione artistico-pittorica. Ha sempre lavorato come un artista decorativo, senza vergognarsene, ma al contrario dimostrando una rigorosa integrità personale e una vivida consapevolezza della propria identità professionale.
Mendini è stato l’unico ad affermare, durante tutta la sua carriera, che la sua progettazione non era affatto design, ma un’espressione artistico-pittorica. Ha sempre lavorato come un artista decorativo, senza vergognarsene, ma al contrario dimostrando una rigorosa integrità personale e una vivida consapevolezza della propria identità professionale.
La casa-palazzo ‘magica’ Do ut Do, disegnata da Mendini nel 2016.
2016 © Alessandro Mendini
2016 © Alessandro Mendini
Cosa c’è di male nel voler fare il decoratore invece del designer? Nulla. La decorazione non è futile in sé. La diventa se la si considera un’espressione del design e non un’espressione dell’arte.
Tutti coloro che hanno sostenuto che Mendini fosse un designer o che lo hanno dato per scontato, senza nemmeno chiedersi se fosse così, hanno contribuito a una concezione fuorviante del design, che confuso con l’arte decorativa ha gradualmente perso la propria identità e, soprattutto, quell’identità particolarmente significativa che il design aveva trovato in Italia nel Secondo dopoguerra.
Tutti coloro che hanno sostenuto che Mendini fosse un designer o che lo hanno dato per scontato, senza nemmeno chiedersi se fosse così, hanno contribuito a una concezione fuorviante del design, che confuso con l’arte decorativa ha gradualmente perso la propria identità e, soprattutto, quell’identità particolarmente significativa che il design aveva trovato in Italia nel Secondo dopoguerra.
Modellino di un padiglione per la Fiera di design di Seoul, 2010.
Ph. © Roberto Gennari Feslikenian
Ph. © Roberto Gennari Feslikenian
Modellino della Torre del paradiso
a Hiroshima, Giappone, 1989.
Ph. © Roberto Gennari Feslikenian
a Hiroshima, Giappone, 1989.
Ph. © Roberto Gennari Feslikenian
Non comprendere la differenza tra design e arte decorativa ha finito per svilire gradualmente entrambe le discipline, che devono certamente convivere, ma non confondersi fino a perdere la propria identità, rendendosi indistinguibili l’una dall’altra.
Confondere il design con Mendini e Mendini con il design significa non comprendere che gli oggetti che ha realizzato non sono frutto della progettazione, ma espressione della fantasia, frammenti onirici di un immaginario paese delle meraviglie.
Confondere il design con Mendini e Mendini con il design significa non comprendere che gli oggetti che ha realizzato non sono frutto della progettazione, ma espressione della fantasia, frammenti onirici di un immaginario paese delle meraviglie.
Un disegno di Mendini.
Praticamente, quasi un’illustrazione
di R.O. Blechman.
2018 © Alessandro Mendini
Praticamente, quasi un’illustrazione
di R.O. Blechman.
2018 © Alessandro Mendini
Ph. © Carlo Lavatori
Il design non è più design, non si sa più cos’è. E Mendini, che non è mai stato un designer, lo è diventato suo malgrado.
L’ultima volta che l’ho visto di persona è stato nel 2015, alla laurea ad honorem di Italo Lupi. Eravamo seduti vicini e ci siamo fatti delle belle risate. Sapendo che non lo era, non l’ho mai considerato un designer, ma l’ho stimato come uomo di fantasia. Una volta per tutte, Mendini non era un designer. Viva Mendini, il Mago di Oz!
© Nicola-Matteo Munari
Prima stesura,
Aprile 2018
L’ultima volta che l’ho visto di persona è stato nel 2015, alla laurea ad honorem di Italo Lupi. Eravamo seduti vicini e ci siamo fatti delle belle risate. Sapendo che non lo era, non l’ho mai considerato un designer, ma l’ho stimato come uomo di fantasia. Una volta per tutte, Mendini non era un designer. Viva Mendini, il Mago di Oz!
© Nicola-Matteo Munari
Prima stesura,
Aprile 2018